Nel 1967 WJ Turner pubblicò uno studio osservazionale sul trattamento di disturbi psicopatologici, in pazienti non epilettici, con un famaco antiepilettico, la difenilidantoina (dintoina) (1). Nello stesso periodo usciva anche un lavoro sul possibile impiego della valpromide (Depamide) (1966) nei disturbi dell’umore, e qualche anno più tardi uscirono in letteratura i primi lavori sull’impiego della carbamazepina (Tegretol) nel trattamento del disturbo bipolare (1973) (2,3). In quegli anni il litio era l’unico farmaco ad essere riconosciuto efficace per il trattamento del disturbo bipolare, ma il suo utilizzo nella pratica clinica comportava una serie di controlli ematici sulla concentrazione plasmatica, sulla funzionalità renale e tiroidea. Sorsero quindi una serie di speranze e aspettative sul possibile ruolo dei farmaci antiepilettici nel trattamento dei disturbi dell’umore.
La carbamazepina fu il primo farmaco a contendere al litio il ruolo di farmaco di elezione per il trattamento del disturbo bipolare, in particolare degli episodi maniacali (4). In seguito l’uso dell’ ac. valproico (Depakin) sostituì progressivamente la carbamazapina. In una review del 2008, tra tutti i pazienti con disturbo bipolare, il 10% ricevevano carbamazepina (CBZ), il 50% erano trattati con litio e il 40% con ac.valproico, questo a ragione di una sua maggiore tollerabilità e maneggevolezza (5). L’utilizzo della CBZ era stato limitato dalla necessità di monitorare la crasi ematica e la funzionalità epatica, dalle possibili interazioni farmacologiche (essendo un potente induttore del citocromo P450 determina una riduzione significativa, fino all’80%, della maggior parte degli antipsicotici), e dai frequenti effetti collaterali come la sonnolenza e l’atassia. Un analogo della CBZ spesso impiegato nella pratica clinica come la oxycarbazepina (Tolep), che dovrebbe avere significativamente meno interazioni farmacologiche ed effetti sulla crasi ematica, non ha delle evidenze di efficacia così superiori al placebo, tanto da non avere l’indicazione al trattamento del Disturbo Bipolare (DB) (6)
L’ac. valproico fu approvato per la prima volta per il trattamento della mania nel 1994 in USA. Questo farmaco anticomiziale ha mostrato una efficacia maggiore del placebo nel trattare i sintomi degli episodi di eccitamento maniacale, con una frequenza di risposta intorno al 50% contro il 20/30 % del placebo (7). L’ac. valproico avrebbe inoltre mostrato una efficacia superiore al litio nel trattamento degli stati misti e dei cicli rapidi del Disturbo Bipolare (8). In un lavoro recente il valproato avrebbe mostrato un’efficacia superiore al placebo nel trattare anche gli episodi depressivi dei pazienti bipolari. Inoltre se confrontato con il placebo il valproato si è dimostrato più efficace nel prevenire le ricadute in qualsiasi disturbo caratterizzato da oscillizaioni significative dell’umore, mostrandosi come uno stabilizzante d’elezione ( 9) (10)
Studi recenti sottolineano l’efficacia della combinazione ac.valproico + quetiapina nel migliorare la terapia e la prognosi degli stati misti del disturbo bipolare (11)
Nella gestione clinica dell’ac. valproico è importante monitorare la crasi ematica, la funzionalità epatica e pancreatica, il possibile aumento ponderale, la possibile insorgenza di un ovaio policistico e un eccessivo incremento dell’ammoniemia (12)
Un altro farmaco antiepilettico molto studiato nel trattamento del Disturbo Bipolare è stato la lamotrigina. Inizialmente un primo studio in doppio cieco aveva mostrato una frequenza di risposta simile al litio (13). In seguito però tentativi fatti su larga scala per replicare questi risultati fallirono. Due studi a lungo termine (un anno e mezzo) fatti nei primi anni 2000 su pazienti bipolari in fase depressiva o in fase maniacale, hanno dimostrato soltanto che l’inizio delle ricadute depressive era ritardato nei pazienti in trattamento rispetto al placebo, mentre la frequenza di ricadute in fasi maniacali era maggiore dei pazienti in trattamento con litio(che si dimostrava quindi più efficace) (14) (15)
In altri studi la lamotrigina ha dimostrato di essere più efficace del placebo nel trattare gli stati misti e i pazienti bipolari II piuttosto che quelli bipolari I (cioè quelli con episodi più severi di depressione e mania) (16).
In uno studio recente si è visto che la combinazione quetiapina + lamotrigina mostrava una buona efficacia nei pazienti bipolari con depressione resistente al trattamento ( 17)
Comunque una review del 2012 sull’uso della lamotrigina , che ha passato in rassegna tutti i trials clinici controllati del farmaco nel Disturbo Bipolare, conclude che l’utilità del farmaco in monoterapia è modesta, suggerendo un maggior utilizzo come add-on con altri farmaci stabilizzanti (quetiapina, litio, ac. valproico) (18 ) Invece in una meta-analisi dei trattamenti farmacologici nelle depressioni bipolari (uscita nel dicembre 2014 su Acta Psychiatrica Scandinavica) (23) , se ne sottolinea la scarsa efficacia e il rischio di switch maniacali, e pertanto se ne sconsiglia l’uso. Gli effetti collaterali più frequenti con l’uso della lamotrigina sono, oltre alla possibile insorgenza della sindrome di Stevens-Johnsons, la comparsa di difficoltà nel sonno notturno (25%), aumento di peso (21%), poliuria/polidipsia (19%), insorgenza di manifestazioni dermatologiche come rush cutanei che generalmente si possono evitare con una titolazione molto lenta (19 )
Oltre a questi tre farmaci, che sono gli unici ad avere il riconoscimento in scheda tecnica per il trattamento del Disturbo Bipolare, esistono altri antiepilettici che sono sono stati testati in letteratura nei disturbi dell’umore. Il primo di questi è stato il gabapentin (Neurontin) , che però non si è dimostrato di alcuna utilità in diversi trials clinici controllati, e il cui utilizzo in psichiatria rimane limitato ai disturbi d’ansia. Anche per il levetiracetam (Keppra), alcune evidenze iniziali nel trattamento dei sintomi depressivi del Disturbo Bipolare non hanno trovato ulteriori conferme. Per quanto riguarda il topiramato (Topamax), dopo che quattro studi clinici controllati non avevano evidenziato una significativa efficacia nel trattamento della mania, uno studio in doppio cieco ha dimostrato una buona efficacia del topiramato in add-on (alla dose di 175mg/die) nelle depressioni bipolari resistenti (20) (21). Sulla zonisamide (Zonegran) invece ci sono risultati contrastanti: in alcuni trial si è dimostrata una certa efficacia nel trattamento della mania e degli episodi depressivi, anche se vi era un significativo numero di drop-out (fino al 50%) per sedazione, nausea e nervosismo (22). Nei pazienti in trattamento con zonisamide, così come quelli in trattamento con topiramato, era evidente una significativa riduzione del peso corporeo.
In conclusione possiamo affermare, considerati i dati della letteratura, che l’ac.valproico rimane attualmente, tra i farmaci antiepilettici utilizzati nel trattamento del disturbo bipolare, quello dotato di maggiore efficacia e manegevolezza, mentre la carbamazepina, nonostante buone evidenze di efficacia non mostra una facilità di impiego per i possibili effetti collaterali e, soprattutto, per le sue interazioni farmacologiche con gli altri farmaci psicotropi. Sulla lamotrigina le evidenze sono insufficienti nella monoterapia, leggermente più convincenti come add-on ad altre terapie. Per quanto riguarda invece l’utilizzo di gabapentin, levetiracetam e oxycarbazepina, le evidenze di efficacia sono assolutamente insufficienti. Il topiramato e la zonisamide hanno mostrato evidenze contrastanti sull’efficacia, che meriterebbero ulteriori conferme, mentre si è dimostrata una buona evidenza nella loro capacità di riduzione del peso corporeo dei pazienti in trattamento.
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