Fino a quasi tutto il secolo scorso era convinzione radicata nella comunità scientifica che il cervello umano, come quello degli altri mammiferi, si stabilizasse subito dopo la nascita e non potesse avere alcuna possibilità di nuova crescita neuronale e di rimodellamento della propria architettura per tutto il resto dei suoi giorni. Nel 1962 uscì un lavoro su Science di Joseph Altman,un biologo americano, che per la prima volta nella storia della scienza riportava dei dati (ottenuti utilizzando timidina radioattiva per marcare la produzione di nuove cellule nervose), a sostegno della tesi che il cervello dei mammiferi potesse produrre nuovi neuroni.
Questi dati furono criticati e duramente attaccati, in quanto rappresentavano un salto di paradigma rispetto al dogma della indivisibilità dei neuroni e della fissità strutturale del Sistema Nervoso Centrale. Pertanto i lavori di Altman furono ben presto messi da parte e dimenticati per più di 20 anni. Nella seconda metà degli anni ’80, ad opera di Fernando Nottebhom, altro geniale biologo ricercatore americano, uscirono altri lavori che supportavano la neurogenesi nei cervelli dei canarini, e sottolineavano come questa produzione di nuovi neuroni fosse fondamentale per il canto, avvenisse costantemente nell’età adulta e fosse più evidente negli uccelli in libertà piuttosto che in quelli in cattività. Negli anni successivi si andarono progressivamente sommando le evidenze della ricerca sulla possibilità per il cervello di produrre nuovi neuroni. In particolare i dati, ottenuti soprattutto da studi effettuati su topi e scimmie di laboratorio, deponevano per la presenza di neurogenesi anche in età adulta in particolare nella regione dell’ippocampo (Shors, 2008). La questione sulla possibilità di neurogenesi nel cervello umano è stata a lungo dibattuta: il problema era spiegare come potevano inserirsi nuovi neuroni in circuiti sofisticati e ad alta specializzazione senza modificarne l’architettura. Un dato, che sembrerebbe definitivo, a conferma di questa tesi è stato pubblicato nel 2013 da un gruppo di ricercatori del Karolinska Institute di Stoccolma, guidati da Jonas Frisèn. L’idea di questi ricercatori é stata quella di sfruttare il Carbonio14 (presente nell’atmosfera in maniera significativa dai tempi degli esperimenti nucleari su suolo durante la Guerra Fredda, 1955-63) e utilizzarlo come marcatore biologico dell’età dei neuroni: il carbonio infatti entra nella catena alimentare e si fissa nel DNA dei nuovi neuroni, che a questo punto possono essere datati come se fossero un ‘reperto archeologico’. In base a queste misurazioni Frisèn e collaboratori hanno dimostrato che ogni giorno in un umano adulto si formano mediamente circa 700 nuovi neuroni nella regione ippocampale, con un ricambio annuale di circa l’1,75% dei neuroni dell’area, e tale produzione di neurogenesi declina solo lievemente con gli anni. Questo vuol dire che nel corso di una vita di un uomo circa 1/3 dei suoi neuroni ippocampali vengono rinnovati (K.L. Spalding et al, 2013)
Inoltre c’è da considerare che la evidenza di nuovi neuroni era anche difficile da dimostrare in laboratorio, in quanto la neurogenesi (e anche la sopravvivenza dei neuroni neoformati) é molto legata alle condizioni ambientali. E in animali di laboratorio, in condizioni di deprivazione esperenziale, la neurogenesi non avviene (come aveva intuito Nottebhom), o comunque i nuovi neuroni muoiono rapidamente. Interessanti da questo punto di vista sono i dati che depongono per un’aumentata neurogenesi (soprattutto a livello ippocampale) in condizioni di maggiore complessità ambientale (Tashiro et al, 2007), in condizioni di maggiore attività fisica (Stranahan et al, 2006), in situazioni di richieste di apprendimento (Hernandez-Rabaza et al, 2009) (é universalmente riconosciuto in letteratura il ruolo dell’ippocampo nelle funzioni di apprendimento e memoria). Così come è stato dimostrato in animali di laboratorio che situazioni traumatiche perinatali, o nelle prime fasi di vita, determinano una persistente riduzione nella neurogenesi e ridotte capacità di apprendimento in adulto (Lemaire et al, 2000). Altrettanto suggestivi sono i dati che depongono per un ruolo importante dei farmaci antidepressivi nello stimolare la neurogenesi, e che mettono in relazione questa aumentata neurogenesi (sempre a livello ippocampale) con l’azione terapeutica degli antidepressivi (é come se quel miglioramento clinico che vediamo nel paziente in trattamento farmacologico, a volte anche sorprendente nell’arco di un paio di settimane, corrisponda a fenomeni di neuroplasticità cerebrale, con produzione di nuovi neuroni che l’antidepressivo riesce ad attivare) (Hodes et al, 2009; Boldrini et al, 2009).
Degli utili riferimenti bibliografici su questo argomento potete leggerli qui
Altman J.Are new neurons formed in the brains of adult mammals? Science, 1962, 135
Boldrini M, Underwood MD, Hen R, Rosoklija GB, Dwork AJ, et al. Antidepressants increase neural progenitor cells in the human hippocampus. Neuropsychopharmacology 2009;34:2376–89
Hernández-Rabaza V, Llorens-Martín M, Velázquez-Sánchez C, Ferragud A, Arcusa A, et al.Inhibition of adult hippocampal neurogenesis disrupts contextual learning but spares spatial working memory, long-term conditional rule retention and spatial reversal. Neuroscience 2009;159:59–68.
Hodes GE, Yang L, VanKooy J, Santollo J, Shors TJ. Prozac during puberty: distinctive effects on neurogenesis as a function of age and sex. Neuroscience 2009;163:609–17.
Lemaire V, Koehl M, LeMoal M, Abrous DN. Prenatal stress produces learning deficits associated with an inhibition of neurogenesis in the hippocampus. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 2000;97:11032–37.
Nottebohm F. From bird song to neurogenesis Scientific American 1989 Feb
Shors TJ. From stem cells to grandmother cells: how neurogenesis relates to learning and memory. Cell Stem Cell 2008;3:253–58.
K. L. Spalding, O. Bergmann, K. Alkass, S. Bernard, M. Salehpour, H. B. Huttner, et al. Dynamics of Hippocampal Neurogenesis in Adult Humans Cell, vol. 153, 1219-1227, 6 June 2013
Stranahan A, Kahlil D, Gould E. Social isolation delays the positive effects of running on adult neurogenesis. Nat. Neurosci 2006; 9:526–33.
Tashiro A, Makino H, Gage FH. Experience-specific functional modification of the dentate gyrus through adult neurogenesis: a critical period during an immature stage. J. Neurosci 2007;27:3252–59.